PRIMITIVO

Descrizione

Noto anche come Primativo o Primaticcio in tutta la Puglia, è stato da noi individuato con il sinonimo (forse erroneo) di San Lorenzo a Lizzano (TA). È uno dei vitigni viaggiatori con storia tra le più intriganti. Approdato negli USA nell’Ottocento, il suo sinonimo Zinfandel è considerato patrimonio della cultura viticolo-enologica californiana, ed oggi è il rosso più importante in quella regione. La sua origine geografica non è per ora nota, ma si colloca probabilmente nei Balcani, forse in Croazia, dove era intensamente coltivato come Tribidrag, o in Montenegro, dove del sinonimo locale Kratošija sussiste un’ampia diversità intra-varietale.

Notizie storiche

Una prima breve descrizione del Primativo o Primaticcio, coltivato a Gioia del Colle, Altamura e Trani, fu stilata da Giuseppe Frojo su incarico del Comitato Centrale Ampelografico (1875). Qualche anno dopo Domenico Frojo (1879) ne delinea in modo più dettagliato i caratteri principali, definendo l’aroma dell’uva particolare. Sempre Giuseppe e Domenico Frojo descrivono anche un vitigno coltivato nel Tarantino con il nome di San Lorenzo, conosciuto altrove come Negro dolce , i cui caratteri morfologici sono però ben diversi dal Primitivo. Il S. Lorenzo da noi individuato a Lizzano (TA), che ha profilo genetico identico al Primitivo, dunque, non corrisponde alla cultivar storica.

Sulle origini del Primitivo gli studiosi s’interrogano da decenni, avanzando numerose ipotesi spesso rivelatesi erronee. Musci (1919) riferisce che, sebbene l’origine di questo “prezioso vitigno” sia piuttosto incerta, “verso la fine del secolo XVIII il Primicerio Don Francesco Filippo Indellicati di Gioia del Colle, nell’esaminare i vitigni, che alla rinfusa si coltivano in alcuni vecchi vigneti di quel territorio, notò che un vitigno si adattava – a preferenza degli altri – alle terre rosse e che dava prodotto precoce, abbondante ed ottimo. Eseguì un’accurata selezione e chiamò quel vitigno Primativo appunto per la precocità di maturazione del frutto”. Sempre secondo Musci, il vitigno si diffuse in seguito nei comuni limitrofi della Murgia (Altamura e Santeramo in Colle) e nel sud Barese, per poi essere introdotto anche nel Salento, dove prese piede solo a fine ‘800 (Trentin, 1895).

Non si può però escludere che il Primitivo fosse anche prima coltivato al di fuori di Gioia del Colle sotto un altro nome. Alcuni autori sostenevano infatti che esso fosse chiamato anche Zagarese (Di Rovasenda, 1887; Molon, 1906b; Dalmasso, 1946). Ed è significativo che nello Zagarese di Terlizzi (BA), ritratto da Vincenzo De Stefano all’inizio del secolo scorso, sia possibile riconoscere i tratti salienti del Primitivo. Altri studiosi tra cui Musci (1919) sostenevano invece che lo Zagarese non avesse niente in comune con il Primitivo. In effetti il nome Zagarese è stato attribuito a vitigni diversi: lo Zagarese di Avetrana (De Palma et al., 2014a) corrisponde al Caldarese coltivato in provincia di Lecce, mentre lo Zagarese rinvenuto in Campania è risultato identico al Negro amaro (Costantini et al., 2005).

Se è vero che Zagarese (forse da Zagabria) è nome che rimanda a possibili origini croate, proprio in Croazia nel 2001 furono individuate a nord di Spalato, nella località di Kaštela, alcune piante di un vitigno localmente noto come Crljenak che le analisi molecolari dimostrarono essere identico al Primitivo (Maletić et al., 2004). La stessa varietà fu successivamente ritrovata a sud di Spalato con il sinonimo locale di Pribidrag (Maletić et al., 2004) e come Kratošija in Montenegro (Calò et al., 2008). Inoltre, analizzando geneticamente campioni d’erbario di Tribidrag, una varietà dalmata assai diffusa nel Rinascimento, si è appurato che si tratta sempre di Primitivo, dunque storicamente presente nei Balcani (Malenica et al., 2011). Da qui si è ipotizzato che lo Zinfandel (alias Primitivo), uno dei pilastri della viticoltura californiana, sia stato introdotto negli Stati Uniti nel XIX secolo dai giardini imperiali di Vienna, dove erano conservati tutti i principali vitigni del regno austro-ungarico (Mirosevic e Meredith, 2000). Sebbene Primitivo, Pribidrag, Tribidrag, Zinfandel, Crljenak e Kratošija siano tutti sinonimi della stessa varietà, essa è risultata geneticamente più vicina ai vitigni tradizionalmente coltivati nei Balcani piuttosto che a quelli locali pugliesi. Tipici dei Balcani sono infatti discendenti del Primitivo, come la Plavina, il Vranac, il Plavac Mali per citarne solo i più coltivati (Maletić et al. 2004; Ibáñez et al., 2017). Questo porterebbe a pensare che il luogo d’origine del Primitivo sia la penisola balcanica, da cui sarebbe stato introdotto in Puglia. Tuttavia, le nostre ricerche hanno portato a scoprire la Plavina nei vigneti storici della Murgia e del Gargano. Questa cultivar è frutto dell’incrocio spontaneo tra i genitori Primitivo e Verdeca (Lacombe et al., 2007), entrambi presenti storicamente sia in Puglia che nei Balcani, tanto che risulta per ora incerto stabilire dove la Plavina abbia avuto origine. I forti legami commerciali, politici ed economici tra le due sponde dell’Adriatico nel corso degli ultimi secoli ed una conseguente intensa migrazione di materiali tra penisola italica e balcanica nei due sensi, rendono complessa e ancora incerta l’origine geografica dei molti vitigni coinvolti.

Descrizione morfologica

Germoglio: apice molto lanuginoso, bianco verdastro chiaro, con estremità rosse, privo di colorazione rosa dei peli. Foglioline apicali a coppa, verde giallastro sfumate di rame, inferiormente cotonose. Quarta fogliolina poco a coppa o piana, verde chiaro giallastro più o meno intensamente ramata, con nervature e orlo rossi, inferiormente lanuginosa e con nervature poco setolose.

Tralcio erbaceo: con estremità appena ricurva, piuttosto robusto alla base, con portamento semi-eretto, nodi un po’ appiattiti, internodi di media lunghezza o medio-corti, verdi sul lato ventrale, striati di rosso su quello dorsale, violacei alla base. Viticci medi e piuttosto sottili, sfumati di rosso.

Foglia: di media grandezza, nettamente pentagonale, pentalobata o più incisa. Lembo spesso, cuoioso, bolloso e con qualche debole depressione presso il punto peziolare, profilo a coppa o tormentato. Seno peziolare a U o più spesso a lira, chiuso o con bordi appena sovrapposti, spesso sguarnito per un tratto in cui le nervature dei lobi laterali sono saldate. Basi delle nervature rosse, ma con punto peziolare giallastro. Denti pronunciati a base larga, a margini rettilinei o concavo-convessi. Pagina inferiore aracnoidea con nervature setolose soprattutto distalmente e lateralmente. Picciolo corto, violaceo.

Grappolo: medio o medio-piccolo, cilindrico o conico, spesso con un’ala allungata, compatto (lunghezza media 16,6 cm; larghezza media 9,7 cm). Peduncolo cortissimo, violaceo. Inserzione del grappolo prossimale al 3° - 4° nodo.

Acino: piccolo, sferico ma compresso al punto pistillare, che pure è ben evidente (Ø long. 13, mm; Ø equat. 13,0 mm; Ø long. / Ø equat. 1,0. Buccia di colore azzurro per la molta pruina, di medio spessore ma tenace, non astringente, acidula. Polpa agglutinata attorno ai vinaccioli, dolce e acidula, gradevole. Vinaccioli grandi, di lignificazione tardiva.

Diffusione, coltura e utilizzazione in Puglia

A fine ‘800 il Primitivo era coltivato principalmente e con successo a Gioia del Colle e in altri comuni della provincia barese (Acquaviva delle Fonti, Casamassima, Palo del Colle e Bitonto) (Perelli, 1874), come pure nel Brindisino e nel Leccese, dove maturava più precocemente rispetto ai territori precedenti “da cui trae origine”, conferendo caratteristiche diverse al vino (Fonseca, 1892a). Nella prima metà del XX secolo si coltivava anche in Capitanata (FG), ma solo in quei comuni prossimi alla provincia barese (Musci, 1919). Nel secondo dopoguerra il Primitivo costituiva circa il 3.5% della superficie vitata della provincia di Lecce, coltivato soprattutto nella parte settentrionale (Guagnano, Leverano, Salice Salentino) e meridionale del litorale jonico (Alezio, Alliste, Melissano, Racale, Taviano, Ugento) (Panzera, 1956). Oggi è tra i vitigni più coltivati in Puglia, con una superficie di 11.096 ha. La provincia di Taranto detiene la maggiore superficie vitata (7.567 ha), seguita da Brindisi (1.356 ha), Bari (1.345 ha) e Lecce (702 ha). Nel Foggiano interessa circa 78 ha e 39 nella BAT.

Il Primitivo presenta una resistenza media all’oidio ed alla peronospora, ma risulta sensibile al marciume dei grappoli sebbene la maturazione precoce lo esponga in minor misura a questo rischio; il germogliamento tardivo lo rende meno soggetto alle brinate primaverili (Frojo, 1879; Musci, 1919; Panzera, 1956) e per questo motivo è un vitigno assai adatto alle località con clima meno favorevole. Tra i suoi pochi difetti era segnalata la così detta ‘ammanatura’, ovvero l’arresto della maturazione a causa dei colpi di sole sulla sua buccia fine e delicata (Perelli, 1874). Una caratteristica di questo vitigno è di produrre grappoli anche sui tralci secondari (femminelle), con una maturazione più tardiva di 15-20 giorni rispetto all’uva di “prima cacciata” (Laudati, 1893; Musci, 1919). Gli agricoltori dell’epoca, temendo che l’uva immatura favorisse l’alterazione in aceto dei vini, usavano vendemmiare il primitivo due volte e dai grappoli delle femminelle che maturavano più tardivamente ricavavano un vino da pasto, mentre per produrre un più concentrato vino da taglio era consigliabile sacrificare tutti i grappoli delle femminelle lasciando solo quelli nati sui tralci principali. Il vino così ottenuto era molto alcolico, corposo e colorato, con sapore aromatico caratteristico, eccellente per tagliare vini più deboli (Panzera, 1956). Il vino da pasto prodotto con i grappoli dei rami anticipati era anch’esso di buona qualità: giustamente alcolico, di buon corpo, di colore rosso-granato vivo e sapore asciutto ed aromatico caratteristico. Gli enologi della Regia Cantina Sperimentale di Barletta (1897) sostenevano che l’invecchiamento del vino ottenuto in purezza gli conferisse un profumo gradevolissimo. Ed è proprio “per ottenere il profumo che trovavano molto somigliante ad alcuni dei loro vini” che a fine ‘800 i commercianti francesi ne facevano largo acquisto dalla Puglia (Musci, 1919).

Il Primitivo è attualmente idoneo e consigliato sull’intero territorio regionale pugliese, dove assume caratteristiche diversificate a seconda dei territori e delle tecniche di produzione, utilizzato sia per vinificazione in rosso che in rosato. Rientra nei disciplinari di tutte le IGP regionali, di cinque DOP (Gravina, Primitivo di Manduria, Colline Joniche Tarantine, Gioia del Colle, Terra d’Otranto), e di una DOCG (Primitivo di Manduria Dolce Naturale).

Caratteristiche vegeto-produttive e tecnologiche (medie triennali in collezione)

Germogliamento: ultima decade di marzo

Fioritura: ultima decade di maggio

Invaiatura: prima decade di agosto

Maturazione dell’uva: ultima decade di agosto, prima di settembre.

La varietà risulta più precoce in tutte le fasi fenologiche rispetto al Sangiovese.

Habitus vegeto-produttivo: portamento semi-eretto

Fertilità reale: 1,7

Peso medio del grappolo (g): 203

Peso medio dell’acino (g): 1,20

Indice di Ravaz: 2 ,1

Caratteristiche del vino sperimentale:  si presenta di colore rosso rubino intenso. Ha elevata complessità aromatica, con prevalenza di note speziate e sentori netti di frutti rossi. Vino equilibrato e armonico, può raggiungere elevate gradazioni alcoliche; risulta opportuno, ai fini della stabilizzazione del colore, una fase di invecchiamento in legno.